top of page
Immagine del redattoreLuca Chino Ferrari

“The lyrics of Syd Barrett” (Omnibus Press). Alcune necessarie considerazioni a margine.

Aggiornamento: 30 ago 2021



Dopo una lunga attesa durata quasi un anno, è uscito da qualche settimana “The lyrics of Syd Barrett”, presentato dalla Omnibus Press come la prima raccolta “autorizzata” di “tutti” i testi di Syd Barrett. Falso, perché la prima raccolta ufficiale è quella pubblicata in Italia da Stampa Alternativa nel 1988 curata da me. (1)

E’ intitolata semplicemente “Syd Barrett” (e non, come credono molti, “Where is the madcap called Syd Barrett...” (che fu una licenza artistica voluta dal talentoso grafico Giacomo Spazio) e, una volta uscita di catalogo, è diventata nel tempo un piccolo oggetto da collezione, venduto anche a 40-50 euro su eBay. (2)

Il libro, incluso anche nell’elenco di pubblicazioni su Barrett sul suo sito ufficiale (http://www.sydbarrett.com/books/), oltre a 47 testi tradotti in italiano, contiene un breve saggio introduttivo, una cronologia dettagliata, alcune delle principali interviste rilasciate da Barrett tra il 1970 e il 1971, una discografia approfondita e una bibliografia. In allegato un quarantacinque giri con le inedite “Opel” e “Untitled Words” (“Word Song”) su un lato e “Hate City Rivals” e “Stolen Letters” sull’altro - due tributi al Pifferaio di Cambridge rispettivamente di Anthony Moore (Slapp Happy) e degli italiani Peter Sellers and the Hollywood Party.


All’epoca della sua pubblicazione i testi del Barrett solista non erano ancora stati pubblicati, circolavano tra i fan solo alcune trascrizioni, desunte a orecchio, pubblicate dalla fanzine “Terrapin” negli anni settanta. (3) Quando ebbi l’idea del libro scrissi alla Lupus Music (che deteneva i diritti dei testi di “The Madcap Laughs” e “Barrett”) per ottenere l’autorizzazione e verificare se esistessero i testi in forma scritta, ma l’agenzia di Bryan Morrison, come si può constatare nelle due lettere qui riprodotte, mi rispose che non li avevano più - probabilmente smarriti durante uno dei tanti traslochi - e che avrei fatto meglio ad "ascoltare i dischi e tirar giù le lyrics ad orecchio”. Mi autorizzarono comunque a pubblicare non più di 1500 copie del libro.

A quel punto mi rivolsi a Bernard White, considerato il maggior collezionista di reliquie barrettiane, editore della fanzine “Terrapin”: nel corso di un’intervista nel suo negozio di dischi "PopBeat", al 3 Buck St di Camden Town, Londra, gli chiesi di fornirmi i testi dei pezzi e in tutta risposta White mi chiese di pagarglieli. Non doveva evidentemente passarsela bene in quei giorni, pensai...

In ogni caso, quando tornai qualche giorno dopo, mi resi conto che alcuni dei testi erano quelli già pubblicati su “Terrapin”, ma la maggior parte erano stati scritti a mano su foglietti di fortuna dallo stesso White…

La trascrizione a mano di Bernard White del testo di "Long Gone".

Nel corso della lavorazione del libro, naturalmente, ascoltai più volte i pezzi di Syd per verificare l’aderenza della versione scritta con il cantato, correggendo o modificando l’ortografia di alcune parole. Mi aiutò nella difficile impresa l'amica madrelingua inglese, traduttrice professionale, Abby Barker.

Inutile dire che le versioni pubblicate rispondessero all’ascolto del cantato pur con qualche difformità di difficile interpretazione. I brani più complicati si rivelarono “If it’s in you”, “No Man’s Land”, “Rats”, “Wolfpack”, “Octopus” e “Gigolo Aunt”.


Alcune questioni filologiche.


Il testo di "Late Night" trascrittomi da White.

Sotto il profilo prettamente legale, quindi, la Omnibus non può sostenere che si tratti della prima edizione “autorizzata” dei testi di Syd (si sa che gli inglesi tendono a ignorare quanto avviene fuori dai loro confini...), ma soprattutto non può sostenere che si tratti “esattamente” di "tutti" i testi composti e cantati da Barrett. Anche Rob Chapman, curatore del saggio introduttivo, e lo stesso Gilmour, che ha collaborato alla stesura e al controllo delle lyrics, dovrebbero ammettere di averlo fatto ascoltando i dischi, con tutti i limiti filologici del caso. A riprova di ciò, i curatori scrivono che si tratta della “most definitive version possible”, la versione più definitiva possibile… un ossimoro, no?

"If It's In You" nella trascrizione di Bernard White.

Com’è ovvio, comparando le due edizioni dei testi, quella della Omnibus è più ampia (52 testi) dal momento che raccoglie anche lyrics di brani che all’epoca non circolavano o di cui si ignorava l’esistenza: mi riferisco agli inediti contenuti nell’album “Opel” (1988), nell’antologia “Wouldn’t You Miss Me?” del 2001 e, sebbene parzialmente, nel favoloso 4CD box “Pink Floyd The Early Years 1965-1967 Cambridge Station” del 2016 (4).

Sorprendentemente, però, mancano nell’edizione appena pubblicata il testo di “Remember Me”, edita sul 4CD box del 2016, e quello della prima versione di “Matilda Mother”, già pubblicata sul 3CD box di "The Piper at the Gates of Dawn" del 2007; quello attribuito a Syd di “A rooftop in a thunderstorm row missing the point”, che inclusi nella raccolta da me curata (5), e testi controversi come “One In A Million” (dalla registrazione live di Copenaghen del 13-09-1967, apparsa sul box del 2016), e “Millionaire" (cantata coi Pink Floyd dal vivo nel 1967 e circolata su alcuni bootleg). E che dire dell'assenza delle versioni alternative di alcuni testi, come ad esempio "Mind Shot", prima stesura di "It Is Obvious"?


Anche da questo punto di vista, quindi, questa edizione non può dirsi "completa", tutt’altro.
La trascrizione di "She took a cold look".

E se a riprova dell'affidabilità dell'edizione da me curata mi sembra ci sia una sostanziale corrispondenza fra le trascrizioni del 1988 e quelle di Chapman/Gilmour (che si erano già cimentati sui testi del cd booklet di “An introduction to Syd Barrett” del 2010), alcune questioni interpretative relative ai brani più ostici all’ascolto credo rimangano aperte.


Si consideri ad esempio “If it’s in You”: nel mio libro, modificando la trascrizione di "Terrapin"/White "draughs leaches" (lascivie di draghi...), riporto l’espressione “draughts leeches” (sanguisughe di drenaggio). Nella nuova edizione Omnibus, invece, viene trascritto “Strauss leeches” assumendo, nella lettura critica di Chapman, un significato colto discutibile se non gratuito (ma a quale Strauss si sarà riferito Barrett? Al Richard Strauss dei poemi sinfonici “Così parlo Zarathustra” e “Don Chisciotte” o all’autore dei celebri valzer viennesi e della famigerata “Marcia di Radetzky”, Johan Strauss?! Chapman non lo rivela...). E se invece si trattasse più semplicemente del nome comune "strauss", quindi di "mazzo di sanguisughe"...?!

"Gigolo Aunt" nella trascrizione a mano di Bernard White.

E in "Dominoes", ha più senso la mia trascrizione:

"don't you want to know with your pretty air"/non vuoi sapere coi tuoi bei capelli

"stretch your hand, glad feel"/allunga la mano, sii contenta"

o quella di Chapman/Gilmour:

"stretch your hand, glad fields"/allunga la mano, campi felici?"


Che dire poi dell’oziosa questione sulla titolazione del brano più famoso tra quelli inediti, “Opel”? Gilmour/Chapman, reintitolandola “Opal”, dichiarano in nota che “il nastro originale e l’LP per errore titolano “Opel””, contraddicendo anni di testimonianze dirette e indirette, senza portare una prova convincente a sostegno della nuova titolazione. (6)

Inoltre, un clamoroso abbaglio, davvero imperdonabile: l’originale di Syd intitolato “She took a long cold look” diventa inspiegabilmente “She took a long cool look”… il senso non cambia, per fortuna (sebbene cold stia per freddo, gelido, mentre cool anche per glaciale, indifferente, distante, rilassato), ma è sconcertante che dovendo curare un’antologia "definitiva" di scritti si possa sbagliare a trascrivere addirittura il titolo di una canzone, che è anche il suo primo verso, o, peggio, decidere arbitrariamente di reintitolarla sulla base dell’ascolto presumendo, come nel caso di “Opel”, che il suo autore intendesse altro...

Dov'è la Testamatta chiamata Syd...
Nel libro, comunque, ci sono alcune brillanti 'rivelazioni' che sciolgono parte dei dubbi che ebbi nella cura della raccolta per Stampa Alternativa.

In "Gigolo Aunt", ad esempio, mi sono sempre chiesto cosa c'entrasse Saturno nel secondo verso della canzone. Chapman e Gilmour propongono "satin" e il verso assume un significato più coerente diventando: "Grooving around in a trench coat with the satin on trail", "andando in giro sulla pista in trench di satin".


Anche il verso autironico di "Love You" dove Syd canta:

"Ain't a long rhyme, it took ages to think, I think I lull it in the water baby"

"Non è che una lunga rima, c'ho messo una vita a pensarla, penso di cullarla nell'acqua"

diventa nell'edizione Omnibus:

"Ain't a long rhyme, it took ages to think, I think I'll hurl it in the water baby"

"Non è che una lunga rima, c'ho messo una vita a pensarla, penso che la lancerò nell'acqua", certamente più barrettiano.


Molto interessante è anche la trascrizione (questa sì assolutamente inedita!) del monologo di Syd nella coda di “No Man’s Land”, da anni oggetto di mistero tra i fan, nonostante dopo l'ascolto permangano dubbi sulla reale rispondenza delle parole con il cantato.


La scelta dei materiali e l'editing.

Se è innegabile che il formato hardback del libro e la copertina conferiscono al volume una certa classicità British (suggestivo il richiamo alla tartaruga dipinta da Barrett nel 1963), alcune scelte nell’editing mi sembrano più che discutibili:

- l’apparato fotografico: tutte le foto sono già state edite e sembrano inserite a caso, senza una stretta correlazione coi contenuti. Alcune, inoltre, hanno didascalie imprecise, quando non scorrette. Ad esempio:

a pag. 23 del libro si riproducono alcune opere di Syd, anche in questo caso senza alcuna connessione col testo critico e le lyrics, mentre sarebbe stato più opportuno pubblicare almeno un estratto delle lettere inviate a Libby Gausden o il celebre “Fart Joy(7), materiali molto più significativi in termini di elaborazione testuale di Barrett, come per altro ben sottolinea nella riflessione critica Rob Chapman.

A pag. 57 la didascalia della foto che ritrae i Pink Floyd nella formazione a cinque con Gilmour e Barrett non è corretta, dal momento che di quella session del gennaio 1968 si conoscono almeno altri tre scatti; (8)


- il metodo di reperimento delle lyrics e il lavoro di trascrizione: mancano precisazioni chiare circa il reperimento delle lyrics e il metodo di lavoro adottato. Da una delle due note pubblicate ai testi (quella relativa al monologo in coda a "No Man's Land") si intuisce che Gilmour avrebbe desunto le lyrics dal semplice ascolto delle registrazioni, facilitato dalla possibilità tecnica di isolare la voce di Syd dalle altre piste di registrazione. Una notevole opportunità, è innegabile, ma sarebbe stato più corretto precisarlo e non lasciarlo solo dedurre al lettore...;

- le note ai testi: mancano completamente note ai testi per comprendere quando sono stati composti, in quale disco si trovano, che significati hanno alcune espressioni ecc. Un lavoro capillare che in questi anni è stato condotto brillantemente da autori come Julian Palacios nella sua fondamentale biografia di Barrett “Dark Globe” (Plexus, 2010), da Cliff Jones ("La storia dietro ogni canzone dei Pink Floyd", Tarab Edizioni 1997), dallo stesso Chapman ("Una mente irregolare", Stampa Alternativa 2012) o da fan ‘illuminati’ come Paul Belbin (assolutamente da leggere il suo “Untangling the Octopus” del 2005 disponibile in Rete).

Per questo, l’organizzazione in ordine alfabetico del materiale, in mancanza di note esplicative, non consente di contestualizzare storicamente la dimensione creativa di Barrett: perché per un lettore non “competente” non è scontato che “Baby Lemonade” e “Bike”, che la segue, appartengano a due periodi creativi storicamente e idealmente non assimilabili…;


- riferimenti discografici e bibliografici: la mancanza di riferimenti precisi rende questa edizione autoreferenziale, come comparsa dal nulla, quando al contrario non può che essere effetto di una ricerca e uno studio collettivo di almeno quarant'anni: se non ci fosse stato l'abnegato impegno dei fans di "Terrapin", dal 1972 alla metà degli anni ottanta del Novecento, la mia edizione di testi del 1988, e l'opera di tanti giornalisti e scrittori che si sono cimentati intorno al 'mistero Syd Barrett', questa edizione non avrebbe ragione d'essere.


Infine, detto che sarebbe stato molto interessante leggere uno scritto di Gilmour sul lavoro di trascrizione dei testi o sui ricordi connessi alla produzione dei due dischi solisti di Syd, per quanto interessante, l'opera mi sembra affrettata e poco accurata. In sostanza molto deludente, decisamente un’occasione mancata.


Note


(1) Una seconda edizione, con allegato un CD al posto del 45giri, uscì nel 1991. Alcuni estratti in italiano e altre curiosità sul libro si trovano alla pagina web

La cartolina promozionale stampata nel 1988 da Stampa Alternativa all'uscita della raccolta di testi.

(3) benché sembra che Barrett avesse trascritto i suoi testi su un quadernetto (cfr. l’intervista con Mick Rock pubblicata da “Rolling Stones” nel dicembre 1971), mai ritrovato, il chitarrista non pubblicò mai ufficialmente le sue lyrics, pur ammettendo che sarebbe stata buona cosa, anche per la difficoltà di interpretazione corretta di alcuni versi (cfr. l'intervista con Giovanni Dadamo del marzo 1970).

Estratto da "Terrapin" n. 1 (dicembre 1972).

Le prime lyrics apparvero pertanto sulla fanzine “Terrapin” solo a partire dal 1973 accompagnate dall’usuale formula “riprodotto per gentile concessione della Lupus Music”: sul n. 4 della fanzine (marzo 1973) venne pubblicato “Effervescing Elephant”; sul n. 10 (agosto 1974 ) “It is Obvious”; sul n. 11 (settembre 1974) “Dark Globe”; sul n. 13 (novembre 1974) “Octopus”; sul n. 14 (1975) “Waving My Arms In The Air” e “Rats”; sul n. 15 (1975) “Gigolo Aunt” e “Wolfpack”; sul n. 16 (1975) “Long Gone”, “Love Song” e “If It’s In You”; sul n. 18 (1976) “Scarecrow”.

A riprova che comunque fossero disponibili in una forma tipografica, sul primo numero della fanzine (dicembre 1972) era pubblicato un annuncio per poter acquistare a 5p l'uno i testi dei dischi direttamente dalla Lupus Music.


Nella raccolta “The best of Terrapin”, edita da Bernard White a metà degli anni ottanta dopo la chiusura di “Terrapin”, vennero pubblicati anche “Opel”, “Feel”, “No Man’s Land”, “Untitled Words” (Word Song), “Scream Thy Last Scream”, “Birdy Hop”, “Bob Dylan Blues” (estratto).


Quattro testi integrali dai dischi solisti sono stati in seguito pubblicati all’interno del saggio curato da Brian Hogg incluso nel CD box “Crazy Diamond” del 1993: “Terrapin”, “Baby Lemonade”, “Opel” e “Clowns & Jugglers”.

La foto donatami da Storm Torgherson per "Syd Barrett" del 1988.

Nel booklet dell’antologia “An introduction to Syd Barrett” del 2010 vennero pubblicati i testi di “Matilda Mother” (prima versione), “Terrapin”, “Love You”, “Dark Globe”, “Here I Go”, “Octopus” , “She Took A Long Cool Look” (sic!), “If It’s In You”, “Baby Lemonade”, “Dominoes”, “Gigolo Aunt”, “Effervescing Elephant”, “Bob Dylan Blues”, con la nota: “I testi di Syd Barrett non sono mai stati riprodotti ufficialmente, dal momento che non sono mai stati annotati in una forma autorizzata. Pubblichiamo una loro versione qui, grazie al gentile contributo di David Gilmour e Rob Chapman...”.


Va infine ricordato che sul retro del CD booklet di “Wouldn’t You Miss Me?” è riprodotto uno stralcio da “It is Obvious” (nella prima versione intitolata “Mind Shot”) su foglio dattiloscritto;

"All the poets" n. 2 (1980).

(4) “Clowns & Jugglers”, “Dolly Rocker”, “Swan Lee” (Silas Lang) e “Let’s Split” dall’album “Opel”; “Bob Dylan Blues” dal CD “Wouldn’t You Miss Me?”; “Lucy Leave”, “Butterfly” e “Double O Bo” dal 4CD box “The Early Years”;


(5) pubblicato la prima volta nel luglio 1974 sul n. 9 della fanzine “Terrapin” in qualità di “poesia inedita” (sembra data da Storm Torgherson a Bernard White), sarà successivamente inclusa nel gennaio 1980 sul n. 2 della fanzine letteraria “All that poets they studied rules of verse and those ladies they roll their eyes”. L’avrei quindi pubblicata sul libro “Pink Floyd. I Manuali Rock”, da me curato per Arcana Editore nel 1985, quindi sulla raccolta del 1988;

Il testo di "Rooftop" da "All the poets" n. 2.

(6) dal resoconto di Malcolm Jones (“The Making of The Madcap Laughs", ciclostilato in proprio del 1984) alla pubblicazione dell’album omonimo (1988), il brano di Barrett è stato conosciuto col titolo di “Opel”, benché come correttamente ha scritto David Parker nel suo fondamentale “Random Precision” (Cherry Red Books, 2001), “il pezzo era stato intitolato per errore “Opel”. Presumibilmente Barrett intendeva intitolarlo “Opal”, dal nome della gemma, piuttosto che da quello dell’industria automobilistica! Tuttavia, “Opel” è ciò che è scritto sul recording sheet e sulla scatola della bobina, per cui “Opel” rimane”. Ciononostante va ricordato lo stimolante saggio dell’italiano Giulio Bonfissuto, “Immersion Set For Distant Shores” (Bookdiscount 2013), che si è cimentato in un’analisi approfondita sui possibili significati del testo del pezzo, a partire dal titolo;

(7) comunque già riprodotto integralmente (sebbene in versione ‘castigata’) nell’edizione commemorativa in cofanetto di “The Piper at the Gates of Dawn” del 2007, sul volume “Barrett” a cura di Russell Beecher e Will Shutes edito dall’Essential Works Ltd. nel 2011 e (in versione ridotta) sulla bio di Barrett pubblicata da Tim Willis nel 2002;

(8) uno pubblicato ad esempio sul volume “Pink Floyd. The Early Years” di Barry Miles (Omnibus Press 2006), un altro sulla raccolta di spartiti “’67 Pink Floyd. The Early Years” (Wise Publications, 1978). La fanzine "Late Night" (cfr. a lato) sostiene esistano dieci scatti dalla stessa session.



42 visualizzazioni0 commenti

Post recenti

Mostra tutti

Comments


bottom of page