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Immagine del redattoreLuca Chino Ferrari

Quale patrimonio musicale a Cremona? Soprattutto... di chi?

Aggiornamento: 30 ago 2021



Circola da un paio di settimane in Rete il video “Cremona, dove vive la musica”, 17 minuti prodotti da TEDxCremona con il patrocinio, tra gli altri, del Comune di Cremona. Uno spot sulla città che ha dato i natali a Monteverdi, Stradivari, Amati e Ponchielli. Testimonial quattordici operatori musicali (musicisti, tecnici del suono, arrangiatori, liutai, agenti, direttori artistici...) che a vario titolo esaltano le peculiarità di Cremona, “che può considerarsi una delle città più importanti al mondo per il patrimonio musicale che possiede” (parole del sovraintendente del teatro Ponchielli Cigni).

Affermazione quantomeno discutibile, dal momento che nel mondo, molte altre città possono vantare lo stesso primato, nascita di compositori compresa (Roncole, a due passi da Busseto, ha dato i natali a Giuseppe Verdi… quindi?!).Ma è sul concetto di “patrimonio musicale” dato per assiomatico sin dal primo minuto del video che intendo soffermarmi, dal momento che gli elementi di questa presunta esclusività di Cremona sono declinati nel solito rosario retorico, ormai ammuffito, con cui sono cresciute generazioni di cremonesi: scuola di liuteria, botteghe liutarie, corsi di strumenti musicali, concerti al teatro Ponchielli o, più recentemente, all’Auditorium Arvedi, eventi live (Tanta Robba Festival, il PAF…), qualche musicista che “ce l’ha fatta” e lo racconta, grato alla città…

Per il Vocabolario della Lingua Italiana della Treccani, “patrimonio” è “l’insieme delle ricchezze, dei valori materiali e non materiali che appartengono per eredità, tradizione e sim., a una comunità o anche a un singolo individuo”.

Di qui la domanda: a chi appartiene veramente il patrimonio musicale di Cremona?


A giudicare dalla “musica che gira intorno”, per dirla con Fossati, verrebbe da affermare a caldo che non appartiene alla città (al popolo), o meglio, che appartiene solo a pochi. Che a voler ben vedere, con occhi disincantati e non offuscati dalla propaganda campanilista, ci sarebbe anche da discutere di quale patrimonio esattamente stiamo parlando.

La musica a Cremona non si sente per le strade se non nei giorni di mercato quando qualche raro musicista di strada intrattiene i passanti; non esistono contesti informali per suonare, non ci sono locali che offrano una programmazione di musica suonata dal vivo. Non esiste un luogo destinato alla ‘popular music’ e al blues indoor, non un festival che tradizionalmente proponga musiche altre rispetto all’antica e alla classica. Non un sistema di promozione dell’espressività libera e gratuita. Non esiste un movimento di musicisti che abbiano un’attività continuativa, non un repertorio di composizioni che rappresenti la città, che la interpreti, che la descriva, che la discuta. In una parola, non esiste una tradizione musicale viva, contemporanea, che sia legittimamente espressione di questo territorio (siamo fermi agli anni Settanta del secolo scorso, al Gruppo Padano di Piadena, ai Giorni Cantati e alle sorelle Bettinelli di Ripalta Arpina…).


Fino agli anni Novanta del secolo scorso, ad esempio, era attivo il centro musica “il Cascinetto”, luogo di formazione e produzione musicale nato dall’assessorato per le politiche giovanili (assessore il socialista Mauro Bettoni), ma è stato lasciato morire per l’insensibilità e il disinteresse degli amministratori nonostante rappresentasse una novità anche a livello nazionale. Per qualche anno è esistito il progetto “Cantiere Sonoro” (nell’ambito di “Attraversarte”), a cui ho avuto l’onore di partecipare ad alcune edizioni in qualità di giurato, altra esperienza della pubblica amministrazione ormai morta e sepolta, che intendeva promuovere dal “basso” l’espressività giovanile locale. Quando anche a Cremona si studiavano e documentavano i fenomeni sociali, nel 1995 ho addirittura curato per l’Osservatorio permanente sulla condizione minorile e giovanile del Comune (fondi ministeriali), il primo censimento sulle band giovanili attive in città: erano tante… oggi quante sono? Si tenevano corsi gratuiti su musica e sottoculture giovanili (promosse dal “Centro studi e ricerca sulla condizione giovanile e il disagio sociale”, anch’esso lasciato tristemente morire dalla politica amministrativa di questa città)… per dire del fermento di un tempo che sembra trascorso da secoli.

Oggi, proprio come per il PAF, il “pensiero unico” che aleggia nel video è solo quello della musica come mercato, della musica intesa unicamente come professione, come interesse economico, espresso con il gusto stucchevole e retorico della cartolina patinata spedita nel mondo per attrarre turismo a vantaggio dei soliti noti. Ma le persone che abitano a Cremona, a partire dai giovani, a parte affollare il TantaRobba Festival (anche perché non esiste altro…) e i locali del centro, nei quartieri periferici, nelle case popolari, per la strada... la musica continuano ad ascoltarla sul telefonino.


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1 comentario


Irina Miletic
Irina Miletic
30 dic 2021

Ciao, solo due precisazioni. Esiste un nuovo locale in Via Bordigalla che fa musica dal vivo. Si chiama Spoon. Secondo me il proprietario ti piacerebbe. Poi il Centro Musica da qualche mese è passato in gestione al Circolo arcipelago, aggiungendo così maggiori possibilità alle band giovanili.

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