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Immagine del redattoreLuca Chino Ferrari

La Storia secondo Mattarella ad uso delle (de)generazioni future.

Aggiornamento: 30 ago 2021



L'ANSA di ieri riportava virgolettate le parole del messaggio scritto dal presidente della Repubblica Mattarella a commemorazione dell'eccidio di Stazzema. Eccole (si trovano alla pagina Web https://www.ansa.it/sito/notizie/mondo/2021/08/12/mattarella-ricorda-leccidio-di-stazzema-lorrore-della-strage-non-sara-mai-dimenticato_d29e12a8-43e7-4b47-a84c-20837d206af2.html ):


"Il 12 agosto di settantasette anni or sono i militari delle SS compirono nelle frazioni di Stazzema un eccidio di civili indifesi, tra i più spaventosi dell'intera guerra. Centinaia e centinaia furono i morti. Bambini trucidati insieme alle loro madri e ai loro nonni. Stazzema era considerata un rifugio per i più deboli, per gli sfollati. Divenne invece terra insanguinata, teatro di crudeltà atroci e di un feroce disprezzo per la vita umana, fino allo scempio del rogo di vittime nella piazza di Sant'Anna. Tanto orrore non potrà mai essere dimenticato. E' iscritto nel testimone che le generazioni più mature consegnano ai giovani". Lo scrive in un messaggio il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. "In tanto dolore, in questo abisso di disumanità - sottolinea il capo dello Stato - affondano le radici della libertà riconquistata, nel nostro Paese e in Europa. La Repubblica nasce proprio nel ripudio della cultura di morte, della volontà di potenza spinta fino a divenire ideologia dell'annientamento. L'Europa divenuta comunità è la risposta pacifica e lungimirante a quel nazionalismo che tanti conflitti ha generato nel nostro continente. La Repubblica oggi si inchina davanti al sacrario di Stazzema. Un sentimento profondo unisce gli italiani ai familiari delle vittime dell'eccidio e ai valorosi superstiti che per tutta la vita hanno portato il fardello di un dolore così grande, continuando a spendersi per far conoscere, per ricordare, per trasmettere, con la forza della loro testimonianza, il messaggio più semplice e potente: mai più". "Il riscatto dall'oppressione e da tante sofferenze - ricorda ancora Mattarella - fu possibile grazie allo spirito di solidarietà e giustizia, al rispetto dei diritti inviolabili, che il nostro popolo seppe far prevalere. La democrazia e la libertà richiedono ora di essere continuamente alimentate da valori civili e dal senso di comunità. Anche per questo, la memoria dei momenti più drammatici resta un patrimonio prezioso anche per affrontare le sfide dei tempi nuovi e delle necessarie innovazioni".

Ho dovute rileggere più volte il comunicato perché non mi capacitavo dell'opacità del linguaggio di Mattarella: possibile che in tutto questo profluvio retorico di parole non sia riuscito a nominare nemmeno una volta "nazifascismo" e "partigiani"?

La "più alta carica dello stato", invece, ha preferito proferire espressioni, metafore, parafrasi più nebulose e ambigue come: "La Repubblica nasce proprio nel ripudio della cultura di morte, della volontà di potenza spinta fino a divenire ideologia dell'annientamento".

A parte che, semmai, la Repubblica è nata "dal ripudio" e non "nel"... ma da convinto antifascista avrei preferito che nelle parole (attenzione: scritte in un comunicato non riferite dall'ANSA!) del controverso, confuso presidente la Repubblica Italiana fosse nata senza alcun equivoco dal ripudio dell'ideologia nazifascista e della conseguente dittatura patita per vent'anni dal popolo italiano. Sono certo che Pertini (ma anche Scalfaro o Ciampi) l'avrebbe scritto senza reticenze.


Perché se fosse bastato fondare la nostra repubblica semplicemente sul "ripudio della cultura di morte", allora la repubblica sarebbe tramontata di lì a pochi mesi con l'indegna rappresaglia delle foibe e dei regolamenti di conti tra liberatori e fascisti; morirebbe, ad esempio, ogni volta che un cittadino italiano muore sul lavoro per mancanza di tutele e controlli da parte dello stato (perché l'art. 1 della costituzione ci ricorda che la nostra repubblica è fondata sul lavoro, non sulle morti sul lavoro), ogni volta che crolla un ponte o frana un paese, o che un uomo uccide la propria moglie o compagna...


La consueta, penosa ansia di Mattarella di non apparire divisivo agli occhi dell'opinione pubblica, di esercitare fino allo sfinimento il deleterio 'politicamente corretto' di quest'epoca, la vis retorica che lo accomuna spesso al papa di Roma, induce anche la più alta carica dello stato a omettere di ricordare che è stato il nazifascismo a far sprofondare il paese nell'assurda violenza di quegli anni e che la Repubblica è nata dalla reazione dei partigiani (una minoranza degli italiani aiutata da gente comune a rischio della loro stessa vita), poi sostenuti dal decisivo intervento degli Alleati.

Alle generazioni a cui dovremmo passare il testimone della memoria, invece, Mattarella preferisce parlare con un linguaggio ambiguo, di stampo doroteo, revisionando la Storia, omettendo verità incontrovertibili che andrebbero, queste sì, ripetute retoricamente in ogni occasione. Con buona pace dei tanti fascisti ancora in circolazione...

L'immagine di questo pezzo: copertina di John Heartfield per "A-I-Z" del 1930. Sotto la foto dell'operaio con la testa avvolta dai giornali borghesi dell'epoca, la didascalia: "Chi legge i giornali borghesi diventa cieco e sordo. Basta con le bende che rimbecilliscono!". La riproduzione è tratta dal volume "John Heartfield" (Mazzotta Editore, Milano 1978) a cura di Eckhard Siepmann.

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