Note diverse (i sofisti della composizione potrebbero eccepire), ma stessa musica.
Un Paese che non finisce mai di sorprendermi e che si ripropone nelle medesime sembianze degradate e regressive da almeno cinquant’anni. Qui in Italia cambiano i governi, i presidenti della Repubblica, i maitre a penser, i papi… ma tutto rimane sostanzialmente immobile. Come sempre, da sempre.
Chi come me, certo ingenuamente, aveva confidato nella pandemia per auspicare un cambiamento radicale, rimarrà ancora una volta deluso e indignato: la politica è il solito, nauseante chiacchericcio di sottofondo alla vita quotidiana degli italiani, refrattari alle regole, a un senso di coesione sociale, civile e nazionale, a qualsivoglia progetto di vita che vada oltre lo shopping compulsivo, il totem delle vacanze, l’aperitivo, il vuoto blaterare sugli invadenti, pervasivi cellulari e social media…
Ma mi limito qui allo stato di catalessi della musica, che rimane una delle esperienze umane che mi appassiona di più: in queste ore Vasco Rossi, "il più grande rocker italiano", secondo vulgata e stampa prezzolata, ci ha generosamente donato il suo primo pezzo del 2021; Mina, “la più grande cantante vivente”, non fa che urlare in TV in un’oscena pubblicità della Tim; il veglione romano in streaming vedeva tra i partecipanti i big Manuel Agnelli, Gianna Nannini ("la più grande rocker italiana"), Diodato; nei giorni scorsi, al Premio Tenco (RAI 3 alle 23:30!) un imbarazzante Morgan interpretava Tenco all’inizio e alla fine di un rassegna che, ormai in pieno irrimediabile declino, in quest'ultima edizione ha assegnato addirittura a Vincenzo Mollica il premio per l”’operatore culturale dell’anno”… Presto in TV un nuovo programma di Renzo Arbore sulla storia della canzone napoletana (ma toh!) e nei negozi (se e quando apriranno...) l'ultima fatica di Ligabue, celebrato da anni anche dal "decano dell'editoria musicale italiana" Riccardo Bertoncelli, un tempo paladino del rock internazionale (cresciuto a Frank Zappa, Robert Wyatt, Penguin Cafe Orchestra, John Fahey...) e oggi...
E cosa starà facendo la Pausini? E Elisa? E dopo XFactor, a quali nuovi progetti starà lavorando Mika? E i Little Pieces Of Marmelade ("non esiste un gruppo così in Italia!", ha vaticinato Agnelli)?
Il tutto diffuso nel nostro Belpaese attraverso la grancassa dei media radiotelevisivi (ricordo che lo stato italiano ci impone il pagamento del canone RAI addebitandolo sulla bolletta della luce!), delle riviste in edicola, delle infinite, inutili testate web (Rockol, Rolling Stones Italia...) sulla cui qualità giornalistica e livello di approfondimento è meglio stendere il proverbiale "velo di pietoso silenzio"...
A giudicare da quello che viene rimandato dalla "cultura" maggioritaria del Paese, la musica in Italia è tutta qui, un circo barnum di soliti noti e amici degli amici che occupano tutti gli spazi esistenti mentre il resto della scena langue, morente, abbandonata a sé stessa come fosse un hobby per la maggioranza dei musicisti e degli operatori del settore che ci lavorano.
Quando qualcuno mi chiede “dove sta andando la musica?”, la tentazione ogni volta è quella di rispondere che “in Italia non sta andando da nessuna parte”, tanto che si potrebbe lanciare una nuova corrente artistica, la “Nowhere Music”. Ancora oggi non esiste una legge-quadro di settore, non sono previsti incentivi alle attività relative, già prima della pandemia si registrava una paurosa carenza di spazi dedicati, di opportunità concrete… Nulla di nulla, insomma, e il lockdown dell'anno appena trascorso ha solo messo in evidenza questa grave carenza strutturale che sono certo rimarrà tale anche nel 2021 e negli anni a venire (a meno di non considerare vitale tutta la scena indie di musicisti autoprodotti che affollano le piattaforme Web (Instagram, Tik Tok...) e su cui sarebbero opportune considerazioni a parte... ma seguirà su queste pagine un articolo ad hoc).
Perché a conti fatti alla maggioranza degli italiani sta bene così. Per loro, vittime del mercato, la musica è solo un sottofondo da ascoltare su cellulari e dispositivi di infima qualità sonora, mentre si lanciano in auto sull'autostrada o si fanno la doccia, fa lo stesso...
Perché non sanno una parola di inglese che non sia quella ripetuta alla nausea nei TG, alla radio o sui social (lockdown, no wax, cashback...), e non saprebbero distinguere il timbro di un sassofono da quello di una tromba.
Quando mi capita di leggere le classifiche dei brani più venduti in Italia mi prende un moto di profonda rassegnazione e avvilimento: possibile che si possa, da anni, continuare ad ascoltare Vasco Rossi, Ligabue, Jovanotti senza essere sfiorati dalla curiosità che fuori di qui esiste fortunatamente un universo di suoni altri che aprono la mente, che stimolano i sensi, che emozionano, che rapiscono e intrigano, che ti fanno sentire cittadino del mondo pur vivendo in un Paese di Sordi?!…
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