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  • Immagine del redattoreLuca Chino Ferrari

Cremona, la città dei morti di fame.

Aggiornamento: 5 gen 2022



Cremona, la città dei morti viventi, una delle più ‘tranquille’ in Italia (1). Cremona, città dei morti di fame, anche. Un venusiano capitato in questa landa inquinata, dove gli amministratori fanno orecchie da mercanti intanto che la gente muore di tumore, avrebbe più di un parcheggio su cui atterrare e si chiederebbe a tutta prima che cavolo di strutture siano quelle in cui la gente si ammassa con carrelli metallici a rotelle. “Li chiamate… supermercati?”


Cremona, la città dei supermercati, degli ipermercati, degli hard discount, dei negozi di frutta e verdura (negli ultimi mesi sorti dovunque, dal giorno alla notte), dei ristoranti e delle pizzerie, delle piadinerie, delle oscene rivendite automatizzate che hanno sostituito persone e botteghe reali…

Già così verrebbe da chiedersi che problema abbiano i cremonesi con il cibo. D’accordo, è il solito cianciare sulla tradizione, il torrone, la mostarda, i bolliti, il salame, il provolone; i logori, ovvi balbettii sul cibo come cultura, che gonfiano i palinsesti delle pay TV, tra chef più o meno stellati, dilettanti allo sbaraglio, gare fra ristoratori, tutorial su come imparare a cuocere le uova marmorizzate cinesi...

E come dimenticare le famose abbuffate di Tognazzi che rendono tanto orgogliosi i cremonesi?


A giudicare dalle ricorrenti manifestazioni a base di cibo (la prossima in arrivo quella ormai consunta della Festa del Torrone…), che tengono in ostaggio il centro città indisponendo il commercio locale, a Cremona sembra abbiano preso alla lettera questo luogo comune ripetuto in ogni dove: quanto all’altra cultura, quella che innalza lo spirito e richiama turisti dovunque, meglio lasciar perdere. Intanto abbiamo il panem, per i circenses si vedrà...

Quello cremonese è un popolo affamato, evidentemente, e come ricordava Feuerbach a Marx, “prima di filosofeggiare è meglio dare alla gente ciò di cui sfamarsi”.



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