Città viva vs città morta.
La città viva ha colori, è dinamica, sporca, infrange la legge. La città morta ha regole, ordine e pulizia. Semplicemente… non esiste perché non può esistere.
Ci sarà sempre una città viva refrattaria alla morte, una città che si oppone alle regole, all’ordine, alla pulizia, al profumo dei fiori. Una città arrabbiata, delusa, cinica, inconsolabile, menefreghista, anarchica, cialtrona, antagonista... Ubriaca e tossica, emarginata, alla deriva.
Le liste delle elezioni amministrative sono listate a lutto perché l’ordine è la morte.
Le scritte sui muri.
Forme di profanazione del pulito e dell’ordine, sfregio, iconoclastia. Linguaggio vitale, reale, che esprime quello che non è esprimibile, che rifiuta i vincoli del perbenismo e della codificazione seriale del marketing.
Il centro del fumetto, l'oratorio, il circolo ricreativo, l'associazione come espressioni dell’ordine istituzionale, il fumetto come passe-partout della cultura giovanile: le cose che vanno dette, quelle che si devono scrivere e disegnare perché lo richiedono i tempi, perché lo impone il Mercato.
I murales di stato, le belle poetiche rappresentazioni istituzionalizzate della cultura di massa sui muri autorizzati per lo sfogo dei giovani. I luoghi della rappresentazione giovanile celebrano la falsità del sistema, che bara e contrabbanda cultura giovanile morta perché teme quella viva, reale.
Gli antri della notte, la TV della morte.
La clandestinità della vita notturna vs la televisione e il divano della morte.
Si muovono nella notte, non visti, negli antri della città. Sfregiano di corsa, lasciano il loro segno. Che si tratti di una tag o un messaggio, un’immagine o una storia. Intanto la gente perbene dorme o prega, guarda la TV sperimentando la pace eterna nello sprofondo del divano di casa. Ma la vita è là fuori e non aspetta.
Ci saranno sempre scritte sui muri finché ci saranno muri su cui scrivere!
