Siamo servi volontari di potenti, tiranni, dirigenti, capiufficio, famigliari... Abbiamo una predisposizione connaturata all'asservimento, alla schiavitù, alla condizione di chi è disposto ad accettare tutto per un tozzo di pane.
L'illuminante Discorso sulla Servitù Volontaria di Etienne de La Boétie, scritto tra il 1546 e il 1560, uno schiaffo a chi continua a vivere nella ridicola illusione di essere "libero".
Leggete cosa scrive questo fine intellettuale francese, amico di Montaigne, morto giovanissimo, a soli 33 anni, autore di un pugno di opere, antesignano del pensiero anarchico-libertario:
"Vi è una sola cosa che - non so perché - gli uomini non hanno la forza di desiderare: la libertà, un bene tanto grande e dolce! Non appena la sia perde, sopravvengono tutti i mali possibili e senza di essa, tutti gli altri beni, corrotti dalla servitù, perdono del tutto gusto e sapore. Sembra che gli uomini tengano in poco conto la libertà, infatti, se la desiderassero, l'otterrebbero; si direbbe quasi che rifiutino di fare questa preziosa conquista, perché è troppo facile".
E ancora: "(...) E' sorprendente constatare come il popolo, non appena viene sottomesso, cade in un così profondo oblio della libertà da non potersi risvegliare per riconquistarla: serve così bene e con tanto zelo che, osservandolo, si potrebbe dire che non solo ha perduto la libertà, ma piuttosto conquistato il suo asservimento".
Ho letto il libriccino (nell'edizione bilingue del 2007 de La vita Felice nella traduzione di Giuseppe Pintorno) in un paio di giorni piovosi con la bruciante consapevolezza di affrontare la proverbiale madre di tutte le questioni che riguardano l'esistenza, senza che da 500 anni sia cambiato alcunché...