"Don't sell your dreams", non vendere i tuoi sogni, è un 'vecchio' pezzo del Pop Group, band innovativa e ignorata con soli due album registrati tra il '79 e l''80. L'ottimo scrittore/giornalista inglese Simon Reynolds ne parla nel suo monumentale "Post Punk 1978-1984" (776 pagine, edito da qualche mese da Minimum Fax nella traduzione, a tratti imprecisa, di Michele Piumini), esempio di come si può fare giornalismo colto e intelligente divertendo il lettore. Raccontando fatti di prima mano, documentati, non rimasticando scritti di altri autori spacciandoli per propri (come usa fare da sempre gran parte del giornalismo musicale italiano).
Un racconto appassionato di un momento importante della storia 'popular', scaturito dalla fine repentina del Punk, che vide la nascita di molteplici esperienze di melting pot culturale, una musica sincretica in cui confluivano rock, reggae, punk, dub, jazz, funky, art song, avanguardia definendo suoni 'nuovi', davvero inauditi, dopo l'omologazione del Progressive che aveva omologato la sensibilità dei giovani negli anni Settanta con la sua estetica tecnicista e scioccamente 'fantasy'.
Proprio in quei mesi a cavallo tra il 1978 e il 1980, infatti, si formarono band come P.I.L., Pop Group, Slits, Talking Heads, Cure, Pere Ubu, Devo, Television, Suicide, Patti Smith Group, Gang of Four, Joy Division, Wire, Flying Lizards, The Fall, The Red Crayola, Throbbing Gristle, The Residents, The Specials, Bauhaus... supportati da nuove etichette indipendenti (dette Indie) come Cherry Red Records, Rough Trade, Factory, Mute: spesso politicizzati, questi gruppi riuscirono a mettere a fuoco e finalizzare l'anarchismo punk in un 'discorso' antagonista, anti-sistema, diretto e chiaro, comunque poetico e letterario...
Scrive bene Reynolds alla fine dell'introduzione (pag. 31): "Per un breve periodo il punk era riuscito a coaugulare un eterogeneo vortice di malcontento in una forza contro. Ma quando la domanda si trasformò in "Di cosa siamo a favore?", il momento e il movimento si disintegrarono e si dispersero, e ciascun filone rimase solo a nutrire il proprio mito sull'autentico significato del punk e le proprie prospettive future. Eppure, tra l'infuriare delle polemiche, le stesse controversie furono testimonianza di ciò che ancora accumunava tutti: la rinnovata convinzione punk nel potere della musica, e la responsabilità che ne derivava. Per quanto aspramente, la domanda "E adesso?" valeva la pena di essere affrontata. Il corollario di tante divisioni e discordanze fu la diversità, una strepitosa ricchezza di suoni e idee che fa concorrenza agli anni Sessanta come età d'oro della musica".
DON'T SELL YOUR DREAMS
(The Pop Group)
Speak chain lighting
Words of blue grass
Smash the sound barrier
Steal the speed of light
Bury the sun
And drink up
Drink up the night
Please don't sell your dreams
Please don't sell your dreams
Speak chain lighting
Paint a new sound
Strike a new colour
Catch catch catch a thought
Tears of dust, swallowed by the air
Please don't sell your dreams
Please don't sell your dreams
Don't live in somebody else's dream
Don't live in somebody else's dream