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Immagine del redattoreLuca Chino Ferrari

La fine dell'uomo.

Aggiornamento: 30 ago 2021


L'uomo, l'umanità, è a termine. L'ha scritto per anni Gunther Anders, inascoltato, come capita d'altronde ai più autentici profeti del loro tempo.

Per i distratti, ritardatari, pigri è in circolazione da qualche mese un libriccino dal titolo "Brevi scritti sulla fine dell'uomo", edito da Asterios Editore, una raccolta di 104 pagine di articoli scritti per alcune riviste ("Forum", "Das Argument", "Lo Straniero") tra il 1962 e il 1989 sui temi della morte, della fine dell'uomo e del mondo.

Quello che segue è un estratto emblematico della profonda riflessione del grande filosofo che ha avuto il coraggio di guardare negli occhi la nostra realtà minacciata dall'illusione tecnologica e tecnocratica senza il timore di annichilire davanti al suo tragico destino annunciato:

Nemmeno “soltanto che saremo stati”.

“Volete dire dunque”, domandò l’intervistatore, con voce rauca, dopo aver letto la mia storia su Noè, “che noi non saremo, ma soltanto che saremo stati”?

Nemmeno questo”, risposi io.

“Cosa intendete dire allora con ciò?”

“Che siccome non ci sarà più nessuno che saprà che noi una volta eravamo esistiti, l’affermazione “noi saremo stati” è troppo positiva. E che pertanto deve essere sostituita dalla proposizione “noi… non saremo mai stati”. Ma questa proposizione naturalmente non esiste”.

“E perché mai?”, disse lui, con voce ormai fioca.

“Per il fatto che domani non ci sarà nessuno che la potrà più pronunciare”, spiegai, “perché domani non ci sarà più nessuno”.

Egli annuì.

“E in secondo luogo questa proposizione non esiste perché oggi (a parte qualche due o tre “acrobati del tempo”) non c’è nessuno che sia capace di mettersi nei panni degli uomini che vivranno dopo di noi (per non parlare di quelli che domani non ci saranno più), e dunque di anticipare al passato (o al giorno d’oggi) lo spirito dei nostri posteri”.

L’intervistatore corrugò le sopracciglia.

“Ma non verrà anche lei?”

“Certamente”

“Per questa ragione c’è una sola affermazione su noi uomini odierni che abbia senso. E mi riferisco alla seguente: “noi oggi siamo coloro che, agli occhi di quelli che vivranno dopo di noi, dato che questi non ci saranno, non saranno mai stati. Quindi noi e i nostri antenati siamo già anche i-mai-stati!””

Dopo queste dissennate parole l’intervistatore rimase ammutolito.

“Non vi sentite bene?”, domandai.

“Solo un giramento di testa”.

“E’ perlomeno qualcosa”, conclusi. “Ai più, infatti, nemmeno questo succede”.

(da "Das Argument" n. 175 del 1989, in "Brevi scritti sulla fine dell'uomo", Asterios Editore 2016, pagg. 57-59 traduzione di Devis Colombo)

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