Paolo Simonetti recensisce su "Il Manifesto" di domenica 25 marzo l'ultimo libro di Evan McGregor, "Bacino 13" (Guanda), appena uscito nelle librerie. Della lunga recensione (on line alla pagina https://ilmanifesto.it/mcgregor-si-ribella-alla-trama-tiranna/) mi colpisce in particolare questa dichiarazione dello scrittore: "Mi piacerebbe che ci fosse spazio anche per la mancanza di risoluzione, per la mancanza di chiusura che la vita così spesso ci offre".
Le oltre trecento pagine del suo romanzo, un noir poliziesco, sono infatti il racconto inconcludente di una misteriosa scomparsa.
Anch'io, raccontando vite di musicisti, ho sempre cercato di perseguire una certa indeterminatezza, di mantenere le cose indefinite, proprio come può accadere nella vita reale.
Certe biografie (come quella di Syd Barrett, di Tim Buckley o di Mike Taylor) racchiudono in sé qualcosa di incompiuto, di oscuramente vago, comunque di indeterminato.
Un'ossessione tipica del biografo, anche a soggetto musicale, è infatti quella di corredare la ricostruzione con date, riferimenti, documenti certi per conferire al testo una sua legittimità e credibilità.
Dove mancano fonti e il racconto diventa sfuggente il biografo ci mette del suo, arbitrariamente, rischiando di prendere dei veri e propri abbagli.
Perché fatalmente la vita degli altri ci sfugge, c'è poco da fare, e resta soltanto la possibilità di mettere in fila quel poco di cui si può disporre.
Da questo punto di vista l'approccio 'orale', caratteristico del biografismo angloamericano, può rivelarsi congeniale: ho adottato questo criterio di ricostruzione per accumulo di testimonianze in "Tatuato sul Muro" e nel più recente "Out of Nowhere", accettando anche che alcune testimonianze fossero in contraddizione tra loro...
Le illustrazioni, tratte da "Nel Paese dei Mostri Selvaggi", sono di Maurice Sendak.