Nel 2006 furono il 16,4% degli elettori, nel 2008 il 19,5%, nel 2013 il 24,8%. In queste ultime elezioni gli astensionisti sono stati il 27% dell'elettorato (esattamente: il 27,07% alla Camera e il 27, 01% al Senato - fonte ministeriale: http://elezioni.interno.gov.it/camera/scrutini/20180304/scrutiniCI), valore in sensibile crescita.
Visti i risultati, in pratica il terzo 'partito' del Paese, senza contare le schede nulle, quelle bianche e quelle 'rifiutate' di cui non sono ancora disponibili i dati (la cui rilevanza, considerati i valori percentuali delle ultime elezioni, si potrebbe attestare tra l'1,5% per le bianche e il 3% per le nulle, portando il dato del 'non voto oltre il 30%...).
A giudicare dal silenzio assordante, meglio non dirlo forte, comunque. Qualcuno, a cominciare dal presidente Mattarella, che si è premurato prima e dopo di appellarsi retoricamente al 'senso di responsabilità' dei cittadini e dei partiti, potrebbe rimanerne turbato.
La politica, in ogni caso, sembra non avere alcun interesse a considerare seriamente il fenomeno cercando di risalire alle cause (cfr. https://www.eumetramr.com/it/la-crescita-dell%E2%80%99astensione-nell%E2%80%99indifferenza-dei-partiti).
D'altronde, la paradossale condizione di empasse in cui si trova l'Italia a urne chiuse era ampiamente prevedebile, considerata la mediocrità della legge elettorale destinata a fotografare penosamente la dimensione quadripolare dell'elettorato (Centrodestra, Cinque Stelle, Centrosinistra e 'non voto') senza incentivare maggioranze chiare e garantire la governabilità.
Massimo Bucchi da "La Repubblica".
La diffusa disaffezione nei confronti dei partiti e dei leader politici è cosa nota da anni (cfr. http://www.linkiesta.it/it/article/2016/05/20/la-grande-fuga-dalle-urne-cosi-stiamo-diventando-un-paese-di-astension/30445/) e per quanto si continui a sostenere che quello dell'astensionismo è il prezzo che si paga nelle cosiddette 'democrazie avanzate' (il modello di riferimento è sempre quello dei famigerati USA), per cui "se non vai a votare qualcun altro deciderà per te", alcuni paesi impongono per legge il raggiungimento di un quorum minimo per validare il voto o prevedono l'obbligo del cittadino di andare a votare.
Ma ditemi: un italiano disgustato dalla politica inetta, dalla mancanza di idee, dalla caduta verticale della credibilità delle istituzioni parlamentari... come può affermare plasticamente il suo rifiuto in termini nonviolenti se non rifiutandosi di partecipare a questo rivoltante teatrino?